Il tocco gentile di Nicola Zanini
Dal debutto in A a sedici anni all’esordio europeo al San Mamés, la parabola sportiva di Nicola Zanini.
La stagione 1996/1997 per l’Hellas Verona fu un disastro, la squadra, di ritorno in A e guidata in panchina da un allenatore in ascesa come Gigi Cagni, non fu mai in grado di uscire dalla zona retrocessione e capitolò in B preceduta soltanto dalla scalcagnata Reggiana. Eppure nella rosa gialloblù di quell’anno non mancavano le individualità di valore: l’ariete Pippo Maniero segnava con buona regolarità, imbeccato dall’instancabile stantuffo Pierluigi Orlandini e lanciato dalle giocate di Nicola Zanini, probabilmente uno dei più bravi con i piedi della compagine scaligera. Zanini era un trequartista naturale, ma nel modulo di Cagni si “adattava” nel ruolo di seconda punta riuscendo con la sua tecnica e il suo tocco di palla sempre elegante ad aprire spazi per gli inserimenti dei compagni. Non era appariscente eppure il suo lavoro in campo era fondamentale per la manovra veronese che trovava con facilità la via del gol ma non riusciva, altrettanto agevolmente, a difendersi. E infatti le prestazioni di Zanini, nonostante il cattivo andamento della squadra, non passarono sotto traccia. La sua eleganza, il suo tocco gentile, erano merce utile per essere appetibile nel mercato di una Serie A, all’epoca di altissimo livello. Così la Sampdoria, proprietaria del suo cartellino, pensò di non farselo scappare e volle riportarlo a Genova. La stagione veronese di Zanini finì con il ragguardevole bottino di 26 presenze e 2 reti: la prima nella vittoria per 3-1 con il Milan, di testa a finalizzare un’irresistibile sgroppata di Orlandini sulla destra. La seconda a Bologna in una Caporetto per i gialloblù: i felsini infatti asfaltarono la squadra di Cagni con un roboante 6-1, eppure dopo la rete dei padroni di casa il Verona trovava la via della rete del pari. Ancora di testa, ancora Zanini che furbescamente chiude un uno-due iniziato a limite dell’area di rigore con Maniero e che lo conduce in una porta sguarnita. Quella rete della bandiera fu anche l’ultima segnata nella massima serie da Zanini.
L’avventura con i blucerchiati durò infatti lo spazio di qualche mese e di pochissimi minuti ma tra questi ci furono anche i 45 giocati al San Mamés di Bilbao. Era il 30 settembre 1997, il primo turno di Coppa Uefa, e il Doria era sceso in terra basca con la missione di ribaltare l’1-2 di Marassi subito la settimana precedente. L’operazione Bilbao da difficile divenne impossibile al 40° quando Aitor Larrazabal portò in vantaggio i padroni di casa su rigore concesso per fallo del portiere Ferron poi espulso. I doriani in un colpo solo si trovarono a recuperare tre gol e con l’handicap dell’uomo in meno. A quel punto a César Luis Menotti non rimaneva altro da fare che giocarsi il tutto per tutto: fuori il difensore Moreno Mannini dentro Nicola Zanini. C’era da provare a non lasciare solo Vincenzo Montella là davanti e soprattutto a spaventare gli oltre 40.000 tifosi baschi che prima e durante la partita non hanno smesso di incitare i loro beniamini con cori e coreografie bianco-rosse. L’illusione però durò solo il tempo di due giri di lancette, tanto ci mise l’Athletic per trovare il punto del 2-0 e mettere in ghiaccio partita e passaggio del turno. Zanini come il resto della squadra ci provava ma si trovava davanti un muro basco che non solo rimbalzava gli assalti blucerchiati ma a sua volta spingeva i suoi alla ricerca della terza rete.
Per Zanini, fino a quel momento impiegato solo per pochissimi minuti, fu comunque l’occasione per bagnare il debutto in Europa. Una soddisfazione che faceva il paio con un altro grande debutto avvenuto 6 anni prima quando, appena sedicenne, diede il cambio a un certo Pierluigi Casiraghi. Era il 10 febbraio 1991, mancava un minuto alla fine di Juventus-Cesena, i padroni di casa vincevano per tre a zero e così Marcello Lippi decise di mandare in campo un giovane della primavera. La scelta ricadde su di lui che in quel momento era considerato un prospetto di grande valore.
La carriera di Zanini ci ha raccontato però un’altra storia. Il suo modo elegante di stare in campo non trovò mai la giusta considerazione e dopo gli anni in A con il Verona e la Sampdoria, e un ultimo assaggio con l’Atalanta, il trequartista, nativo di Vicenza, dovette accontentarsi di una buona carriera in B e in C, dove il suo tocco di palla gentile e la sua intelligenza tattica riuscirono a trovare estimatori.
Come il Genoa che lo mise sotto contratto per la stagione 2004-2005 per dare l’assalto alla A. Era una squadra fortissima su cui spiccava il fuoriclasse Diego Milito ma nonostante l’alta concorrenza Zanini riuscì a ricavarsi il suo spazio. L’allenatore Serse Cosmi lo impiegava nel suo ruolo naturale, trequartista dietro alle punte Milito e Roberto Stellone. Fu un’annata spettacolare che venne sporcata solo dalla promozione revocata per illecito sportivo del presidente Enrico Preziosi. Una beffa tremenda per i tifosi del Grifone che quell’anno si erano divertiti con i gol a ripetizione di Milito e riuscirono ad apprezzare anche le doti tecniche di Zanini messe in evidenza in maniera magistrale nel corso di Genoa-Empoli. In quella partita Zanini decise di battere il portiere avversario con un superbo colpo di tacco a chiudere una prorompente azione iniziata con una fuga di Nikola Lazetic e l’assist di Stellone. Quel giorno Zanini aveva rubato alla scena a Milito e messo a segno una delle reti più belle mai viste al Ferraris.