Marco Rigoni e quella consacrazione arrivata a trent’anni
Dall’accostamento a Del Piero alla ribalta con il Novara. Nel mezzo l’incontro con Attilio Tesser.
L’ultima volta che il Novara giocò in Serie A finì male, la squadra retrocesse immediatamente dopo una promozione attesa 55 anni. Una stagione tribolata che non portò ai risultati previsti, ma che regalò ai tifosi azzurri più di una soddisfazione. Come quella di aver bloccato l’Inter sia all’andata sia al ritorno, lasciando ai nerazzurri lo zero nella casella dei punti raccolti. È vero che l’Inter era una brutta copia di quella del triplete e che l’approccio di Gasperini prima e di Ranieri e Stramaccioni poi, non aveva sortito gli effetti sperati però l’Inter è sempre l’Inter e il Novara, una delle cenerentole del torneo. Così quando il 21 settembre 2011, alla quarta giornata, arriva per il Novara la prima vittoria in campionato contro l’Inter, la deflagrazione è di quelle che si sentono a chilometri di distanza. Il piccolo Silvio Piola diventa un Vietnam per i nerazzuri mandati in apnea da un gol di Riccardo Meggiorini e lasciati ansimanti sul terreno sintetico dal raddoppio di Marco Rigoni, a quattro minuti dalla fine. C’è spazio per uno spasmo meneghino con Cambiasso ma poi in pieno recupero ancora Rigoni porta avanti di due i padroni di casa che ottengono così un successo che finisce dritto nell’album dei ricordi del club. Una partita che costa la panchina a Gasperini e che restituisce il giusto peso al talento di Marco Rigoni.
Un ragazzo che si era perso per strada dopo esser stato investito del ruolo di nuovo Del Piero, per via di un percorso in comune con il 10 juventino che dava adito a un parallelismo scontato anche se Rigoni giocava più indietro. Dal natio veneto – Rigoni è di Montegrotto (PD), Del Piero di Conegliano -, alle giovanili con il Padova, prima del trasferimento alla Juventus e al debutto da giovanissimo in A, nella Juventus di Lippi. Succede il 17 gennaio 1999, allo stadio Penzo di Venezia, a pochi chilometri da casa sua. A 10 minuti dal novantesimo Marcello Lippi lo fa alzare e lo manda in campo al posto di Nicola Amoruso. Sembra l’inizio di una traiettoria incredibilmente simile a quella di Pinturicchio, fino a che non arriva il primo, tremendo, crack. Poco più di un anno dopo essere entrato nel giro della prima squadra, il 21 marzo 2000, durante una gara della primavera contro il Piacenza, i legamenti del ginocchio di Rigoni cedono dopo uno scontro di gioco con un avversario. A vent’anni anni, nel momento in cui una carriera prende già una piega o un’altra, Rigoni è costretto a fare i conti con la malasorte. Davanti a lui tanti mesi in infermeria e un ritorno in campo che lo porta ai margini della prima squadra. A Torino, però, si va di fretta e non c’è tempo e voglia per aspettare il nuovo Del Piero. Il sospetto che l’infortunio abbia minato per sempre la carriera di Rigoni è più forte della voglia di scommetterci per davvero. Così per il centrocampista è tempo di tornare in provincia: un po’ di prestiti in giro per la Serie B per provare a rimettersi in corsa. Ravenna, Cittadella, sono due tappe avvolte nel grigiore e sembrano essere il manifesto di un film che parla di un talento sfortunato. A Ravenna infatti il giocatore è vittima di un altro grave infortunio che sembra viziargli definitivamente la carriera.
Invece, come nei racconti filmici che si rispettano, dopo la rottura dell’equilibrio e l’entrata in scena degli antagonisti, il protagonista torna padrone del suo destino e riprende le redini della propria storia. Serve però cambiare set, trovare nuovi alleati. Questi si chiamano Triestina e Attilio Tesser. Rigoni si trasferisce a Trieste e con gli alabardati, dopo un inizio in sordina, torna a essere protagonista in campo. La squadra è impegnata nel campionato di Serie B e, tra il 2002 e il 2006, il centrocampista è uno dei punti fermi della mediana biancorossa. Merito anche del suo aiutante, Attilio Tesser, l’allenatore che guida i giuliani dal 2003 a 2005; due stagioni che culminano con la salvezza degli alabardati ma soprattutto con l’esplosione di Rigoni. Il centrocampista che viene impegnato sia come esterno di centrocampo, sia come trequartista, gioca finalmente con continuità trovando prestazioni e anche la via della rete diventando uno dei centrocampisti più completi e decisivi della categoria. Come nella doppia sfida ai play-out contro il Vicenza, nella stagione 2004-2005, quando nel match d’andata mette a segno la rete del 2 a 0 per gli alabardati che mette in ghiaccio la partita e asfalta la strada che porta alla Serie B. Dopo un quinquennio accidentato, la malasorte sembra aver deciso di posare le sue attenzioni su qualcun altro, lasciando a Rigoni la regia della sua carriera.
La traballante situazione societaria della Triestina portano il centrocampista a lasciare il Nord Est per scendere, per la seconda volta, sotto la linea del Po, verso l’Umbria e Terni. Una città incastonata negli Appennini, senza porto e senza il fascino di confine di Trieste, ma con un amore per il calcio e per la Ternana che insieme alla acciaierie ha permesso alla città di essere conosciuta al di fuori dall’Umbria. Rimane sei mesi con i rossoverdi, da gennaio a giugno, insufficienti per risollevare le sorti del club ma abbastanza per finire nelle mire del Pescara che, con la retrocessione della Ternana, non ci mette molto a convincere il giocatore. In Abruzzo, Rigoni ritrova le acque dell’Adriatico, ma Pescara, nella stagione 2006-2007, è un porto di mare. In panchina il valzer di allenatori che porta alla successione Davide Ballardini, Aldo Ammazzalorso a Luigi De Rossi è un mix letale che ammazza le aspirazioni dei delfini, che chiuderanno all’ultimo posto il campionato. A farne le spese è ancora una volta Rigoni che per il secondo anno consecutivo, a maggio, si ritrova retrocesso.
Questa volta però non ci sono pretendenti in serie in B, così il centrocampista è costretto a fare il passo del gambero: tornare a Terni, società che è proprietaria del cartellino, e ripartire dalla Lega Pro, la C dell’epoca. Con la maglia delle Fere Rigoni disputa subito una stagione superlativa: nonostante la squadra di Francesco Giorgini non brilli particolarmente, il ragazzo di Montegrotto si eleva sulla media. Disputa quasi tutti gli incontri e sfiora la doppia cifra in fatto di reti, fermandosi a nove. L’anno successivo rimane a Terni, stagione quasi in fotocopia, solo un po’ meno prolifica, ma alla fine è ancora Lega Pro. Siamo in un momento di stasi nella parabola sportiva di Rigoni, così quando arriva la chiamata da Novara per il calciatore è ovvio che l’unica opzione sia quella di accettare il trasferimento. Perché sulla panchina dei piemontesi non c’è un mister qualunque ma quel Tesser che gli aveva restituito la gioia di giocare. È ancora Lega Pro, ma cosa importa? Lì, c’è il suo maestro.
Ancora una volta entra in scena l’aiutante che con il suo metodo magico sostiene l’eroe. La storia riparte da dove era iniziata: Rigoni è il tassello che manca al Novara per fare il salto di qualità e accreditarsi per la promozione in B. Le geometrie del centrocampista sono armi letali per innescare il tridente Motta-Rubino-Bertani. La stagione è una marcia trionfale che trova il suo acme con la promozione in B, dopo un’attesa di trentatré anni. Per Rigoni la soddisfazione di essere parte dell’ossatura della squadra e la gioia di quattro reti, una delle quali in finale di Supercoppa contro il Portogruaro. Si torna in B quindi, stavolta l’obiettivo è mantenerla il più possibile. Anche perché il numero sulle spalle è di quelli che nel calcio contano: il 10. Come Del Piero, quell’ombra che gli era piombata addosso con il suo peso di responsabilità quando era poco più che maggiorenne. Passano pochi mesi dalla promozione per capire che, anche nella cadetteria, il Novara e Rigoni possono dire la loro: la squadra è stata confermata in blocco e i bomber Bertani e González sembrano non patire troppo il salto di categoria. La salvezza è una pratica che viene archiviata presto perché gli azzurri occupano stabilmente le posizioni di vertice. Si divertono e fanno divertire con il piglio di chi non ha nulla da perdere. Così a fine stagione il Novara si ritrova al terzo posto che significa play-off per la Serie A.
La semifinale lo vede contrapposto alla Reggina, sesta classificata, ma una habitué di queste partite. E infatti lo scontro è insidioso. L’andata si gioca al Granillo, un catino bollente, dove è sempre caldo anche d’inverno, figurarsi a giugno. Ma è la stagione del Novara e così gli uomini di Tesser riescono a imbrigliare Bonazzoli e compagni e tornare in Piemonte con uno 0-0 che è un’ipoteca sul passaggio del turno. Il 5 giugno 2011, data della partita di ritorno, è domenica, su Novara sembra essere tornato l’autunno, ma la pioggia non scoraggia nessuno in queste giornate. Il Piola è un tripudio di bandiere azzurre che sventolano all’Inno Nazionale e impazziscono al gol dell’1-0 di Bertani. La finale per la A sembra lì, a un passo. Ma la Reggina è di un altro avviso e grazie a una doppietta di Bonazzoli, ribalta il match e il discorso qualificazione. Quando a un quarto d’ora dalla fine l’ariete reggino batte Ujkani da fuori area per i padroni di casa sembra finito tutto, anche perché di lì a poco saltano i nervi a Bertani che verrà espulso per un colpo al volto sferrato a un avversario. Game over e sogno A svanito per sempre. Per tutti ma non per Rigoni che al novantesimo decide che è giunto il momento di riprendersi con gli interessi quel che fino al quel momento la carriera non gli aveva dato. L’ultimo disperato tentativo dei padroni di casa di acciuffare il pari si spegne su un cross dalla mediana sinistra che incoccia sulle teste dei difensori amaranto, la palla però schizza giusto fuori dall’area e spiove nella zona dove è appostato Rigoni. È un attimo, il centrocampista si coordina e colpisce al volo la sfera che finisce in fondo al sacco, dopo aver sfiorato la traversa. 2-2 e festa grande al Piola: il Novara è in finale grazie alla magia del suo numero 10. Una prodezza che ricorda Del Piero, quel numero 10 che viene dalla sua stessa terra e che per un periodo sembrava essere il suo naturale punto d’arrivo.
In finale c’è il Padova, il passato di Rigoni, la “sua” provincia. Il copione sembra iniziare alla stessa maniera della doppia sfida con la Reggina. L’andata si gioca all’Euganeo e il Novara, torna a casa nuovamente con uno 0-0 che tiene aperti i giochi. Il Piola è un punto azzurro che brilla come un diamante, il 12 giugno è una data che porta con sé la sicurezza di essere già storia. I padroni di casa la assecondano: al sedicesimo una punizione missile di González porta in vantaggio gli azzurri e mette in discesa il match. Anche se i minuti scorrono lenti e il Padova rialza la testa rendendosi pericoloso più volte dalle parti di Ujkani: la contesa sembra tutt’altro che finita e c’è l’impressione che il Novara possa capitolare. Fino a quando non ritorna in scena l’eroe di questo racconto: Marco Rigoni. Un contropiede è l’espediente per realizzare un gol che è il manifesto vivente della sua attitudine. Rigoni parte palla al piede dalla trequarti, entra in area avversaria, si sposta verso destra trascinando via i difensori patavini – quasi avesse una calamita – trovando lo spazio giusto per liberare un destro a incrociare che si spegne all’angolino basso della porta difesa da Cano. Gol! Mancano ancora 25 minuti ma questa volta la Serie A è nitida all’orizzonte degli azzurri. Il pubblico è in delirio e festeggia il suo eroe che in quel momento restituisce una categoria che manca da 55 anni. Quel 12 giugno è la rinascita del Novara calcio e la consacrazione definitiva di Rigoni. Non è tempo di rimpianti, di se e di ma: la storia non si scrive in questo modo. La storia si scrive con i fatti: la seconda promozione consecutiva e il ritorno in A del Novara e di Rigoni, che a 31 anni ritrova la categoria che aveva solo annusato quel 17 gennaio a Venezia. Quel che succede dopo è noto: il Novara retrocede dopo una stagione giocata a viso aperto, Rigoni arriva in doppia cifra e si mette in luce come uno dei centrocampisti più prolifici del campionato. D’estate lascerà Novara e il suo maestro Tesser per rimanere in Serie A, gioca con il Chievo e poi con il Genoa. Non ripeterà quanto fatto con la maglia del Novara, ma cosa importa? Rigoni ha raddrizzato i torti subiti e abbattuto tutti i paletti messi lungo il suo cammino da un destino che non aveva di meglio da fare. Si era preso il palcoscenico nonostante gli infortuni e quell’accostamento a Del Piero che forse è stato l’ostacolo più difficile da superare.